La storia della Cipolla Bianca di Margherita e le origini degli arenili
Quando si parla della Cipolla bianca di Margherita (CBM) non si può prescindere dalla storia del territorio e degli ‘arenili’ su cui essa è coltivata.
La zona di produzione e trasformazione CBM è ubicata lungo la fascia costiera adriatica che si estende dalla foce del Fiume Ofanto alla foce del Torrente Candelaro.
Essa comprende parte del territorio dei comuni di Margherita di Savoia, Zapponeta e Manfredonia che includono importanti aree protette (‘Zone Umide della Capitanata’) come le Saline di Margherita di Savoia
(zona Ramsar) che si estendono parallelamente alla costa per circa 20 km.
Da ciò si può dedurre la natura paludosa di questa parte del territorio pugliese.
Gli ‘arenili’ su cui è realizzata la coltivazione della CBM così come oggi si configurano, hanno origine abbastanza recente. Sono stati formati a seguito di un'opera di bonifica complessiva del Tavoliere che ha preso avvio all'inizio del ‘900 ed ha interessato prevalentemente l’area a sud di Manfredonia. Questa era caratterizzata dalla presenza di tre laghi: il lago Bersentino (o Versentino) e il lago Salso sulla destra del Candelaro, mentre più a sud, verso Zapponeta e Margherita di Savoia, il lago costiero denominato “Lago Salpi”, diviso dal mare da una striscia di dune sabbiose lunga 20 km e larga 200 m. Il lavoro svolto dai contadini di Zapponeta e di Margherita di Savoia nelle paludi retrostanti il cordone dunale è stato memorabile ed ha permesso di risanare circa 300 – 400 ha, creando una delle più floride e produttive zone orticole d'Italia costituita da terreno sabbioso su falda di acqua quasi sempre salina.
Per rendere possibile la coltivazione di specie orticole in questi ‘arenili’, i tecnici dell’epoca hanno stabilito che la profondità di 60 cm di sabbia avrebbe permesso alle colture di beneficiare in estate dell’apporto idrico della falda senza risentire della risalita per capillarità dei sali.
Circa quest’ultimo fenomeno sono state avanzate delle ipotesi, tuttora non pienamente verificate. Fu ipotizzato che l'elevata temperatura raggiunta dalla sabbia in estate, provocherebbe una notevole evaporazione dell'acqua sotterranea – quasi sempre salina come quella del mare – e così le radici verrebbero inumidite dal vapore acqueo. Allo stesso tempo non si escludeva il concorso di micro-precipitazioni o precipitazioni occulte, tipiche delle sabbie desertiche, al mantenimento di uno strato di acqua dolce, galleggiante sull'acqua salina freatica. In questa ipotesi una “subirrigazione” sarebbe potuta avvenire sia per capillarità che per evaporazione.
Sull'arenile così realizzato, ad un osservatore che da Manfredonia si recava a Barletta attraverso la statale 159 “delle saline”, nella torrida estate del Tavoliere, ai margini di una terra bruciata dal sole si presentava, quasi all'improvviso, una distesa di campi perfettamente livellati, cosparsi di migliaia di casette e capanne, intensamente coltivati ad ortaggi di un bel colore verde intenso caratteristico delle zone irrigue.
Di fatto una coltura molto sensibile alla salinità come la cipolla è tuttora coltivata con successo su questi arenili che letteralmente ‘galleggiano’ sull’acqua salina.
Origine storia e diffusione della coltivazione della cipolla di Margherita
Le prime citazioni che testimoniano la coltivazione della cipolla sui terreni tra Zapponeta e Barletta risalgono al 1727. Si tratta dei contratti di affitto per le “arene morte e nude d'erba ad uso di orto per piantare meloni, cipolle ed altri frutti, site e poste nel feudo di esso signor d. Giulio, detto di Zapponeta, et proprio al Terzo di Rigoli […]” (De Vita, 2001).
Dall'Onciario di Barletta, redatto nel 1754 si rileva che “ …Giovanni Maria Campitelli….. è proprietario della difesa, una striscia di terra, stretta tra lago e mare, erbaggiale ed arenosa di arene ortalizie fruttifere, che dalla contrada Orno arriva fino a Zapponeta. In essa si producono soprattutto cipolle e melloni” (Russo, 2001).
Nel 1769 Francesco Paolo De Leon nel suo manoscritto “Istoria di quanto a Barletta particolarmente si appartiene” parla degli “arenali” a nord-ovest di Barletta, “lungo il lido dal mare fino a Torre Rivoli” e dice che “oggidì non vi si piantano che legumi, melloni e cipolle, le più belle e le più grandi della provincia”.
Nel 1785, nel manoscritto “Memoria per lo signor Conte di Chiaromonte sullo stato del lago Salpi” ad opera di un autore anonimo, si fa riferimento agli “.. abitatori delle non poche pagliaja applicati alla coltivazione de’ melloni e delle cipolle su quella lista di terra tra ‘l mare ed il lago…”.
Nel 1931 viene pubblicata una “Guida Gastronomica d'Italia” dal Touring Club Italiano. Nel capitolo dedicato alla Puglia, la guida cita come tipici della regione “i cetrioli e le grosse cipolle degli arenili tra Barletta e Margherita di Savoia… ” (Pensato e Russo, 2005).
Nel 1929 il Viani nel suo trattato di orticoltura, parlando delle cipolle bianche coltivate in Italia, distingue la cipolla bianca Margherita di Savoia dall’ecotipo affine della cipolla bianca precocissima di Barletta.
Quest’ultima viene caratterizzata per le dimensioni più piccole dei bulbi di 2-3 cm (Viani, 1929). Questa citazione del Viani rappresenta una fonte certa che testimonia come già agli inizi del secolo scorso la Cipolla Bianca di Margherita fosse un ecotipo ben distinto e noto a livello nazionale e che il nome del marchio IGP fosse già in uso in quegli anni. L’opera di bonifica ha incluso l'assegnazione di terre melmose a eroici, coraggiosi
e tenaci contadini di Zapponeta e di Margherita di Savoia che hanno svolto i primi lavori di bonifica per colmata delle zone paludose del lago Salpi, prelevando il materiale sabbioso dalle dune marine che è stato trasportato con carri, carriole e anche a spalla.
Questo lavoro è stato completato durante il secondo dopoguerra e ha visto la distribuzione definitiva di almeno 60 cm di sabbia letamata su circa 10 cm di acqua salata affiorante.
Inizialmente la zona sistemata è stata limitata a qualche decina di metri dalla duna; in seguito, con l'impiego di carretti, la fascia è stata estesa fino a sottrarre alla palude circa 1000 metri dal cordone dunale. Prima che
un ‘arenile’ potesse diventare coltivabile è stato necessario attendere tre-quattro anni affinché le piogge operassero il dilavamento dei sali in eccesso.
La tecnica colturale
La produzione della Cipolla bianca di Margherita si basa sulla coltivazione dei 3-4 ecotipi di una varietà locale di cipolla che nel corso degli anni generazioni di contadini hanno selezionato per la loro diversa precocità. Inserite nel Disciplinare IGP troviamo le selezioni ‘Marzaiola’ o ‘Aprilatica’, ‘Maggiaiola’, ‘Giugnese’ e ‘Lugliatica’ che si distinguono per l’epoca di maturazione e per la forma dei bulbi. Le selezioni più precoci (epoca di raccolta a partire da metà marzo) hanno bulbo piatto, la forma diventa meno schiacciata per la selezione che viene raccolta a maggio e isodimetrica per quelle più tardive. In passato coltivata diffusamente come le prime, la selezione ‘Agostana’ è ormai coltivata soltanto per l’autoconsumo da pochi agricoltori. Poiché è molto tardiva il prodotto di questa selezione incontra notevole concorrenza sui mercati.
Dai bulbi appena raccolti gli agricoltori provvedono a selezionarne alcuni per forma, grandezza e sanità che saranno utilizzati per la produzione dei semi. Così per ciascuna selezione ogni agricoltore conserva un certo numero di bulbi da cui ricaverà i semi sufficienti per il proprio fabbisogno. I bulbi sono conservati per alcune settimane in luoghi protetti e ventilati, o in celle frigo, per essere poi impiantati in fine estate-autunno su aree che gli agricoltori riservano per la coltura da seme. I bulbi emettono foglie e, successivamente in primavera, diversi steli che portano alla sommità una grande infiorescenza globosa da cui saranno ottenuti i semi necessari per i nuovi impianti. La autopropagazione in azienda è una fase essenziale in tutto il processo di produzione di questa cipolla. Essa viene ripetuta da molteplici generazioni, ha comportato il mantenimento di questa varietà locale e la selezione dei diversi ecotipi.
Per la produzione di questa varietà locale di cipolla è necessario provvedere alla sua autopropagazione. Ciascun agricoltore dunque provvede presso la propria azienda all’impianto di una coltura da seme a partire da bulbi selezionati durante la raccolta delle singole selezioni. I semi ottenuti sono abitualmente utilizzati per la produzione aziendale di piantine in semenzaio per il trapianto manuale a radice nuda. Così come il trapianto, anche la raccolta è eseguita manualmente. L'esecuzione manuale di entrambe le operazioni è facilitata dalla natura sabbiosa dei terreni, tuttavia essa incide molto sui costi di produzione. L'introduzione della meccanizzazione del trapianto e della raccolta è uno degli obiettivi del progetto.
La cipolla è pronta per la raccolta quando le piante raggiungono la maturità e cessano di produrre nuove foglie e radici. Le foglie perdono acqua, si piegano ed infine seccano del tutto. La maturazione generalmente non è contemporanea per cui la raccolta può iniziare quando il 50-70% delle piante presenta le foglie incurvate. I bulbi giungono a maturazione nel periodo che va dalla metà di aprile alla metà di luglio in funzione della selezione varietale utilizzata. La raccolta è effettuata a mano. Quando le condizioni meteorologiche lo consentono, le cipolle dopo la raccolta, possono essere fatte asciugare lasciandole per alcune ore all'azione dei raggi solari, disponendole in andane sul campo prima di essere trasportate in magazzino.